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11 Luglio 2011

La Cina per battere la fame compra terreni in tutto il mondo
Prima abbiamo visto l' invasione del "made in China", dall' abbigliamento ai computer. Da qualche anno è subentrata una seconda fase: le multinazionali cinesi comprano aziende occidentali, il Tesoro di Pechino interviene nei salvataggi di banche americane ed europee diventandone azionista. Ora parte il terzo stadio dell' espansione planetaria. La Cina va a caccia di grandi terreni agricoli da comprare in tutto il mondo, per garantire che potrà sfamare la sua popolazione anche in caso di iperinflazione e crisi dei raccolti. Dall' America latina all' Africa, dall' Asia all' Oceania, la nuova strategia punta a risolvere uno dei più gravi problemi di lungo periodo: la sicurezza alimentare. Il presidente Hu Jintao e il premier Wen Jiabao hanno registrato con allarme i disordini scoppiati in molti paesi vicini (dalle Filippine all' Indonesia) per la penuria di riso. Nella stessa Cina l' inflazione dei generi alimentari è ai massimi dagli anni Ottanta, con punte del 50% per la carne di maiale. Il carovita è al primo posto fra le preoccupazioni della popolazione - ben più del Tibet o delle Olimpiadi - e può far vacillare la stabilità del regime. La Repubblica Popolare non rischia certo le carestie che la affliggevano ai tempi di Mao Zedong. Oggi è una superpotenza anche nell' agricoltura. E' il primo produttore mondiale di grano, riso, patate, prodotti ortofrutticoli. Ma i grandi numeri dei raccolti nascondono uno squilibrio progressivo. I consumi interni esplodono, con il boom economico una quota crescente di famiglie può permettersi una dieta alimentare sempre più ricca. Nel 1985 i cinesi consumavano in media 20 chili di carne a testa in un anno. Nel 2000 il consumo di carne era balzato a 50 chili pro capite. Tra dieci anni secondo la Fao i cinesi mangeranno più di 70 chili di carne a testa. L' allevamento del bestiame assorbe una quantità sempre maggiore di cereali. In molte commodities agricole - dal grano al riso - la Cina ha smesso di esportare; per la soya è diventata così dipendente dall' estero che importa già il 60% del suo fabbisogno. Nel lungo termine non può farcela da sola. Entro le frontiere della Repubblica Popolare vive oggi il 21% della popolazione mondiale ma la sua agricoltura ha solo il 9% delle terre arabili del pianeta. La scarsità di superficie coltivabile nasconde un altro vincolo, perfino più drammatico: la mancanza di acqua, aggravata da inquinamento e desertificazione. La Cina ha solo l' 8% delle riserve di acqua potabile del pianeta; un terzo della superficie nazionale è fatta di deserti e le zone aride continuano a "rubare" territorio di anno in anno. Di qui il piano per partire alla conquista dei "granai del pianeta". E' una direttiva preparata dal ministero dell' Agricoltura: Pechino spinge le grandi società agroalimentari cinesi a investire nell' acquisizione di superfici coltivabili in tutto il mondo. Potranno contare sul sostegno dello Stato, finanziario e diplomatico, per superare le resistenze dei governi stranieri e accaparrarsi terreni agricoli. Contatti politici sono in corso con il presidente Lula per spianare la strada a maxiacquisizioni di terre in Brasile. La nuova strategia si proietta su tutti i continenti, gli obiettivi potenziali sono tanti. Il Brasile e l' Argentina per soya, zucchero, mais. La Nigeria per miglio, semi e arachidi da olio. Indonesia e Malesia per riso, legname, palme da olio per i biocarburanti. Australia e Nuova Zelanda per gli allevamenti di bestiame e la produzione di latte. Gli uffici commerciali delle ambasciate cinesi all' estero hanno mappe dettagliate dei raccolti più importanti per ogni paese. Dal Messico all' Uganda alla Birmania, la Cina è pronta a subentrare ai latifondisti pubblici e privati. Da tempo le autorità di Pechino studiano i precedenti. Alcuni produttori di petrolio come l' Arabia saudita e la Libia hanno avviato contatti analoghi (per esempio con l' Ucraina) proponendo uno scambio inedito: contratti di fornitura di petrolio in cambio di terre agricole; la sicurezza energetica come contropartita della sicurezza alimentare. La decisione cinese è stata accelerata dagli ultimi eventi. Da una parte i contraccolpi della crisi del riso: tre nazioni asiatiche - India Tailandia e Vietnam - hanno imposto il contingentamento delle loro esportazioni. Un gesto che Pechino considera allarmante. Significa che non basta avere il più grosso attivo commerciale del pianeta per "fare la spesa all' estero" in caso di bisogno; non si può dare per scontato il libero accesso ai mercati mondiali; in una crisi l' offerta di alimenti può prosciugarsi all' improvviso. L' altro fenomeno che preoccupa i leader cinesi è la "finanziarizzazione" dei mercati agricoli. Gli hedge fund sono entrati in forze nella speculazione sui futures dei raccolti. Nel solo mese di marzo sul Chicago Stock Exchange si sono scambiati contratti futures per 21 milioni di tonnellate di soya: più del doppio dell' anno scorso. Come per il petrolio, anche per le commodities agricole ormai agiscono potenti fenomeni di anticipazione. La finanza scommette sugli scenari di aumenti dei consumi mondiali, e attraverso il gioco sui futures le previsioni al 2020 fanno schizzare al rialzo i prezzi del 2008. La "bolla" delle anticipazioni è un meccanismo infernale dal quale la Cina vuole riuscire a ripararsi, mettendo al sicuro dalla spirale speculativa i raccolti dei prossimi anni. Il modo migliore è allungare le mani su nuove terre in America latina, nel sudest asiatico, in Africa, diversificando le produzioni e l' esposizione ai rischi climatici. Il principale ostacolo da superare sono le resistenze politiche dei governi stranieri su un tema strategico come l' autosufficienza alimentare. Ma Pechino ha argomenti persuasivi. Il modello è un accordo di lungo termine appena firmato con il Congo, l' ultimo di una serie di partner africani conquistati dalla Repubblica Popolare. I cinesi costruiranno strade, ferrovie, aeroporti, ospedali; in cambio intere miniere di rame e cobalto sono di fatto ipotecate. Migliaia di operai cinesi sbarcheranno in Congo per portarvi la promessa di una modernizzazione che non riuscì agli ex padroni coloniali europei. E' il patto che la Cina propone a molte nazioni emergenti per avere le loro materie prime. Poche possono permettersi di rifiutare l' offerta. -
2 commenti:
Basta una pillola per combattere l'Hiv
Nuovi dati confermano i vantaggi della terapia antriretrovirale in monosomministrazione quotidiana: secondo i primi risultati dello studio italiano Adone, Atripla, il primo trattamento in un'unica compressa che si assume una sola volta al giorno, permette una migliore aderenza alla terapia e il mantenimento della risposta immunologica.
Disponibile in Italia già da diversi mesi, Atripla, frutto di una partnership tra Bristol-Myers Squibb e Gilead Sciences, associa in un’unica compressa tre molecole anti-HIV di efficacia e stabilità provata, efavirenz 600mg, emtricitabina 200 mg e tenofovir disoproxil fumarato 245mg, e rappresenta un punto di svolta nella semplificazione degli schemi terapeutici.
L’aderenza si è dimostrata il fattore chiave della terapia antiretrovirale, che per essere efficace deve rispettare precise modalità di assunzione dei farmaci: “Un'aderenza incompleta al al trattamento rimane oggi la principale causa degli insuccessi della terapia, e almeno il 30% dei soggetti in terapia ha deviazioni dalla aderenza ottimale”, afferma Andrea Antinori, Direttore Dipartimento Clinico INMI L. Spallanzani di Roma.
Lo studio italiano ADONE, tuttora in corso, è il primo studio che analizza l’effetto della semplificazione della terapia, ottenuta senza sostanziali cambiamenti del regime terapeutico, sull’aderenza e sull’accettabilità del trattamento. Adone ha coinvolto 203 pazienti già in terapia con i singoli componenti di Atripla e passati alla monosomministrazione quotidiana.
“I risultati preliminari di ADONE mostrano un vantaggio sia nell’aderenza, sia in termini di preferenza del paziente nel passaggio a singola pillola – sottolinea Franco Maggiolo, Unità Operativa Malattie Infettive, Ospedali Riuniti di Bergamo – con un sostanziale mantenimento della risposta immunologica e virologica”.
In precedenza, il trial 073, studio internazionale multicentrico condotto su 300 pazienti, aveva già dimostrato i vantaggi della semplificazione della terapia antriretrovirale dal punto di vista dell’accettabilità e dell’aderenza: i pazienti passati alla singola compressa in luogo dei tre farmaci, hanno ottenuto risultato sovrapponibili in termini virologici e immunologici, rispetto ad altri pazienti che hanno continuato il precedente regime terapeutico.
I pazienti che hanno semplificato la terapia hanno fatto registrare una viremia controllata in circa il 98% dei casi: praticamente, la totalità dei pazienti non ha fallito la terapia e inoltre la semplificazione con Atripla è risultata meglio tollerata.
“Tre principi attivi in una compressa e la monosomministrazione rappresentano una svolta impensabile fino a poco tempo fa. – sottolinea Adriano Lazzarin, Divisione di Malattie Infettive dell'Ospedale San Raffaele di Milano – Oggi il paziente si reca quattro volte all’anno in ambulatorio la qualità dei farmaci impiegati consente anche di recuperare i casi di infezione resistente al farmaco e di diminuire gli effetti collaterali. Il radicale miglioramento dello stato di salute consente poi la pianificazione del reinserimento sociale e della propria famiglia”.
In Italia si registrano 4mila nuovi casi di infezione da HIV, che si aggiungono ogni anno ad un bacino di 120.000 soggetti HIV positivi, spesso inconsapevoli della propria positività. Morbilità e mortalità sono in calo grazie alle terapie antiretrovirali, che agiscono bloccando a diversi livelli la replicazione del virus dell’HIV.
Il miglioramento delle terapie, con la riduzione degli effetti collaterali, e la progressiva semplificazione degli schemi terapeutici permette alla maggior parte dei pazienti di condurre un’esistenza normale e aspirare a una qualità di vita accettabile.
"PER ANGELO NIGRO é QUASI UN ERGASTOLO"Il porno attore Giovanni Cuttitta, diventato famoso grazie alle sue performance con il nome d’arte Angelo Nigro sul popolare sito cam4, è stato condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Jaime Salvador Tagliavia e al pagamento di 400 mila euro ai familiari come risarcimento.Il gup Mario Conte ha accolto quindi totalmente le richieste del pubblico ministero Francesco Grassi e non ha creduto alla legittima difesa invocata dagli avvocati di Angelo Nigro.
Nelle scorse settimane Giovanni Cuttitta aveva rilasciato alcune dichiarazioni che accusavano il suo ex compagno deceduto
“Io avevo una nuova relazione, avevo deciso di lasciarlo, ma lui non l’accettava. Ecco perché mi aveva chiesto un incontro. Appena arrivò a casa, mi chiese di avere un rapporto sessuale, ma mi rifiutai. E allora lui ebbe una scatto d’ira, tentò di strangolarmi. Presi il coltello che avevo lasciato nel comò della camera da letto, per un film da girare: “Il vecchietto e la moglie dovevano pagare”, così l’avrei intitolato”.
Giovanni Cuttitta, che era stato dichiarato capace di intendere e di volere dallo psichiatra che l’aveva valutato, avrebbe agito, secondo la procura, con violenza e determinazione.
La madre di Jamie Salvador Tagliavia ha così commentato ai carabinieri
“Cercavo di farlo desistere dal frequentare un uomo che sapevo sposato e con figli. Ma lui mi confidò che Cuttitta gli aveva dichiarato il suo amore. Gli disse pure che, se avesse cercato di troncare il rapporto, lui si sarebbe tolto la vita davanti al nostro portone di casa. Un giorno tornò a casa con delle tumefazioni. Gliele aveva procurate Cuttitta. Mi disse: ‘Mamma, ho paura, quell’uomo in passato ha già ucciso’”.
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